Il caro amico Jordi Bassa, segretario del segretario del Club Català de Naturisme (CCN) ci regala un interessante articolo sul tema “Donna e nudismo: problemi e possibili soluzioni”, che trovate tra i contributi qui nello spazio web del Progetto Nudiverso. La sua è un’analisi attenta riferita al mondo “nudista” e “naturista” che lui definisce come “comunità naturiste”, e che esamina diverse criticità percepite dalla componente femminile all’interno di tale mondo associativo, sia nelle organizzazioni tradizionali che nei luoghi, pubblici o privati, dedicati alla pratica della nudità. Jordi evidenzia con molta chiarezza alcuni aspetti reali che limitano la presenza e la partecipazione delle donne e cerca di proporre delle soluzioni, orientate in diverse direzioni.
L’analisi individua all’interno delle “comunità naturiste” diverse problematiche:
- Una presenza minoritaria delle donne, confermata dalle percentuali tra i tesserati alle varie associazioni italiane, che non superano mai il 30% degli iscritti, con l’effetto che le donne sono poco rappresentate anche negli organismi direttivi e dirigenti. Senza dimenticare il fenomeno del “personalismo”, quasi sempre al maschile, che caratterizza da sempre la conduzione interna dell’associazionismo naturista italiano.
- La presenza di comportamenti maschili, spesso sommersi, subdoli e sottovalutati o minimizzati, che hanno connotazione di molestie e di scarso rispetto del consenso e della privacy personale, soprattutto attraverso l’uso scorretto dei social network.
Il persistere di una certa oggettivazione del corpo femminile, attuata con indelicatezza e un certo linguaggio ambiguo e allusivo e anche un certo comportamento “maschilista” nelle dinamiche di gruppo e nel marginalizzare l’iniziativa femminile.
Nella seconda parte del suo articolo Jordi Bassa Esteve, lancia alcune proposte per provare a risolvere le problematiche esistenti, e lo fa con suggerimenti principalmente indirizzati ai soggetti delle “comunità naturiste” e “nudiste”.
Come contributo al lavoro di Jordi, vorrei provare ad esaminare il tema del rapporto tra Femminile e nudità nella nostra cultura e società “occidentale” contemporanea, con il tentativo di leggere il disagio e le sensibilità femminili, sia pure dall’esterno e attraverso le percezioni dettate dalla lunga esperienza vissuta nella relazione con il Femminile in situazioni di condivisione della Nudità e vita sociale nei gruppi e nelle organizzazioni “naturiste”. Senza entrare in aspetti di tipo psicologico, psico-analitico o sociologico, non essendo campi di mia competenza personale.
La prima considerazione arriva in mente dalla constatazione che il Femminile ha una grande sensibilità e consapevolezza verso la propria nudità, non solo in senso corporeo. La nudità non è mai banalizzata, per cui è vissuta in maniera mai superficiale, anche nei momenti più leggeri, giocosi, scherzosi, o di semplice divertimento e abbandono. Questa profonda consapevolezza consente alla Donna, quando lei lo decide, di stare pienamente dentro la propria nudità. Mi è capitato di fotografare a livello non professionale i corpi femminili nudi in questa verità, che appare come una condizione di “grazia”, senza mai richiedere una posa, senza mai nessuna forzatura. Mi è capitato di pensare e dichiarare, con una certa ammirazione: “come porti bene la tua nudità!”. Le foto, quasi sempre, ha riportato questo “portamento” bello ed espressivo della personalità femminile che non ha il bisogno di “esibirsi”. Personalità e carattere.
Questo primo aspetto penso ci racconti quanto sia importante per il Femminile è l’attenzione e il rispetto verso la Personalità, l’intelligenza e la bellezza. Come anche verso la pari dignità nella Diversità, l’attenzione per il consenso e per la correttezza e la chiarezza nella relazione. Il Femminile vive la nudità con verità, quasi mai come finzione.
Un secondo aspetto da considerare penso che sia l’approccio del Femminile alla relazione interpersonale, di gruppo o di aggregazione. Ovvero rispetto alla socializzazione della nudità e alle forme organizzate di associazionismo, movimentismo o attivismo. Si tratta di un problema che definirei “politico”. molto contemporaneo, che ha a che fare con il faticoso percorso storico di emancipazione della Donna nella nostra società occidentale.
La mia lunga partecipazione alla vita delle organizzazioni “naturiste/nudiste” e più di recente alla realtà dei social network, mi segnala la maggior sofferenza da parte della componente femminile a stare in contesti aggregativi un po' “sclerotizzati” su approcci e dinamiche decisamente superate rispetto alle esigenze contemporanee nella relazione umana sincera. Il “paternalismo”, certi rigurgiti di “patriarcato”, la “diffidenza” verso il femminile e la “prudenza” verso alcune tematiche chiave che il femminile porta, come il rapporto tra nudità e sessualità, il rispetto per le diversità, l’attenzione alla emotività e affettuosità, la creatività e l’innovazione a favore del miglioramento della percezione sociale della nudità, sono considerati da molti “naturisti” tradizionali come “aperture”, “salti in avanti”, pericolosi, anche perché sono rivolti molto all’esterno, e si teme possano essere destabilizzanti e inopportuni per un ambiente tendenzialmente autocelebrativo, “fidelizzato” e “protetto” da recinti di appartenenza ideologica forte.
Il Femminile viene percepito, in qualche modo, come portatore di “eversione”, per cui la proposta di cambiamento viene spesso mortificata, e si cerca di cerca di contenere e, a volte persino di considerare “ingenuo” e “non opportuno” l’approccio femminile. La conseguenza di queste chiusure è che le idee e il protagonismo femminile trovano poco spazio, sono spesso marginalizzati, e il loro apporto non viene adeguatamente valorizzato. La ragione che sta a monte è che le associazioni naturiste italiane tradizionali sono “conservative” e poco aperte alla società, fortemente condizionate dalle problematiche “interne” e anche dai contrasti di “primato” tra i vari soggetti, e vivono in questa fase storica una profonda “crisi identitaria”. Non dimentichiamo che in Italia si parla di circa tremila iscritti, forse anche meno, tra i quali, abbiamo visto, le donne non sono neppure un terzo.
Un aspetto importante, che viene richiamato spesso nelle varie discussioni, è quello della cosiddetta “sicurezza” del Femminile nei luoghi della pratica della nudità. Anche in questo caso l’approccio più frequente al problema mi sembra abbia ancora dei tratti paternalistici e maschilisti. Si dice che le donne andrebbero “protette”, andrebbero creati dei luoghi “sicuri”, promulgati dei “protocolli di sicurezza”, inventati meccanismi di sorveglianza. Naturalmente tutto questo lo si pensa soprattutto per le spiagge e i luoghi “destinati” ai “naturisti/nudisti”, ed alcune soluzioni potrebbero essere utili in tali ambiti. Il problema, però, oggi è assai più vasto e più complesso, e riguarda sostanzialmente la grave tematica della violenza e degli abusi sulle Donne nel nostro sistema sociale, economico e politico. Le Donne hanno bisogno di essere riconosciute, perché si sanno difendere anche da sole. Certamente oltre al riconoscimento, sono anche necessari il sostegno, la solidarietà, la complicità nelle rivendicazioni, e la fratellanza/sorellanza. Andrebbe anche smascherata una certa mal celata avversione verso il potenziale apporto che il Femminile sarebbe capace di dare alla felicità personale e collettiva, al cambiamento e all’ innovazione sociale e politica.
E da questa potenzialità arriviamo all’ultimo aspetto della Nudità delle Donne, quello della potenza della Nudità Femminile. Qui sta la ragione fondamentale per la quale il mondo “naturista” tradizionale non è capace di “governare” l’apporto delle Donne. Sta nel loro impulso alla creazione, all’innovazione, e alla capacità rigenerativa. Questa capacità ed esigenza femminile non è negoziabile e non la si può arginare con considerazioni opportunistiche o falsamente “pratiche”, e neppure con compromessi poco chiari o false ipocrisie. Il Femminile oggi getta sul palcoscenico una proposta profondamente eversiva, ma molto concreta, corposa, che mina le fondamenta del nostro millenario paradigma sociale, ancora saldamente basato su potere, dominio, consumo di Sé stessi, dell’Altro e del Mondo.
Un paradigma, conservatore, largamente al maschile, che utilizza nelle relazioni ancora i rapporti di forza, la violenza, più o meno velata, l’insinuazione, lo screditamento, e la discriminazione delle diversità. Le Donne che vogliono e sanno stare pienamente nude, con sé stesse e con gli Altri, si sentono offese da tutto questo. Sentono offesa la loro intelligenza e vedono mortificata la loro potenzialità creativa, innovativa, entusiasmante, eversiva, persino erotica.
Certamente non si sentono al sicuro, perché non viene pienamente tutelata la loro dignità.
Il “maschile” dovrebbe acquisire consapevolezza che è impossibile la proposta femminile di aprirsi al Mondo, in maniera fluida, ma anche assai concreta, per parlare di nudità come espressione e condizione esistenziale, e non solo come “liberazione”, perché il termine “libertà” è riduttivo, almeno nell’accezione classica che gli abbiamo attribuito come occidentali, più liberista che libertaria. Le Donne lo sanno che dietro quel: “ma siete troppo libere” pronunciato dal maschile, in crisi di identità e di ruolo, nasconde la trappola di un giudizio morale negativo ed emarginante. Non abbiamo bisogno di nuove “statue” della Libertà. Il maschile “naturista”, un po' affaticato e in difficoltà, percepisce che la proposta femminile è dirompente, più affascinante, perché parla della capacità più ecologica e meno ideologica, più materiale, direi “terrena”, di “indossare” la nudità come un abito nuovo, contemporaneo. Rispetto a questa visione dirompente di futuro, anche i movimenti “femministi” tradizionali mi pare facciano un po' di fatica, come anche i movimenti LGBT+ perché, forse, ancora troppo ideologizzati, e incapaci di rendersi conto del momento di passaggio epocale dentro il XXI Secolo. Un momento mai visto prima, almeno per velocità e d imprevedibilità, che richiederebbe una determinata e intelligente radicalità verso la continua ricerca della felicità nel Possibile. La nudità non è più una bandiera, uno striscione, un’uniforme, una sola protesta. La nudità oggi è un luogo, un altrove dove è possibile il riconoscimento universale della dimensione umana e della meraviglia della vita terrena. Un luogo dove le libertà individuali e collettive, sviluppano felicità dentro il Limite. Non quello che contiene ma quello che espande ed esalta la bellezza della Materia animata.